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      La Sorbona revocando i suoi decreti dichiarò la monarchia d'istituzione divina, necessaria la obbedienza al Re quantunque respinto da Roma, e poichè il becco emissario ci ha da essere sempre questa volta toccò ai gesuiti; anzi in quel torno un Giovanni Chatel avendo assalito Enrico per ammazzarlo e trovato che a costui avevano guasto il cervello le prediche dei gesuiti, questi ebbero ad uscire dal regno come seduttori della gioventù, perturbatori della quiete pubblica, nemici dello Stato e del Re. - I patti apposti alla assoluzione del Re non gravi per ora quanto alla sostanza, ma quanto all'apparenza eccessivi, imperciocchè Enrico dovesse farsi rappresentare da un'oratore a posta il quale nel portico di San Pietro genuflesso ebbe a leggere la supplica regia, e a sopportare di essere percosso con le verghe su le spalle secondo il rito di Roma quando assolve gli scomunicati. -
      Dicono che Enrico esclamasse: - Parigi vale bene una messa! - Se questo dicesse ignoro; certo parmi che da eroe non adoperasse, bensì da uomo di stato valoroso, imperciocchè secondo che avviene nei perturbamenti politici, le parti estreme si fossero combattute, e stremate; gli eccessi vicendevoli le avevano scemate di credito, e la parte mezzana standosi da canto cresciuta di forze, ampliata di aderenti per avere quiete accettava il Bearnese a condizione si rendesse cattolico; e il Bearnese considerato, che contro questa parte non sarebbe mai venuto a capo nè anco se i suoi ugonotti fossero stati interi, epperò molto meno poteva riprometterselo adesso che erano laceri; pensando altresì come a cotesta parte per vincere basti stare fermo, di un tratto staccatosi dagli amici, a piè pari le salta in mezzo, e regna.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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