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      Raccontano le anime pie, com'egli, morto Gregorio, recandosi al Conclave mentre traversava Fossombrone una colomba bianca dopo essere rimasta alquanto librata su l'ale al fine si posasse sopra la sue vettura, onde la gente accorsa a contemplare la sua sembianza smagliante di potenza, di tenerezza, e d'intelletto (le sono parole del Plutarco gesuita) come presa dal delirio incominciò a urlare: "viva! viva! ecco il Papa!" Così a Fossombrone; a Roma veruno se lo aspettava Papa; all'opposto facevano capitale sul Gizzi, sicchè eletto il Mastai i Romani rimasero come cosa balorda, per lo che, a fine di rendere al Gizzio il boccone meno ostico venne senza indugio messo nella Commissione consultiva provvisoria, e poco dopo eletto segretario di Stato. Anzi se vuolsi credere al panegirista di Pio IX egli pure giudicavasi incapace, onde si vedendo eletto smaniava sclamando: "o fratelli, abbiate misericordia della mia debolezza; io mi confesso indegno. Domine non sum dignus." Tuttavia il Mastai nella guisa, che ogni prete dabbene dopo avere per tre volte detto: Domine non sum dignus, si mastica bravamente il Redentore, profferita appena la propria debolezza montò ardito, e franco nella barca di San Pietro, ed agguantato il timone si commise in mezzo al mare tempestoso. Veramente questo racconto fa ai calci col primo, ma non vuol dire, il pane di che si cibano i Gesuiti sia impastato di farina di contradizione. D'altronde ogni prete promosso Papa si china per l'ultima volta in terra a raccattarvi la superbia, che morendo ci lasciò cascare il suo antecessore.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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