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      Chi se ne intendeva, toccato appena il polso alla Europa andava persuaso, che il male era tornato a far saccaia, e questo succederà sempre quantunque volte in Francia scappi fuori un Luigi Filippo, ovvero un Napoleone per mettersi in tasca le rivoluzioni sementa di sangue, d'intelletto, e di sudore dei popoli; in Roma un Gregorio papa si serva dei memorandum dei Principi per incartarne i riccioli alla moglie del barbiere teologo, e per non fare troppo lunghe le gugliate, non si proceda al modo che a un di presso fanno da per tutto.
      Gli uomini speculatori avvisato il pericolo ne avevano paura e non a torto: trepidavano per le presagite ruine; lo straripamento vedevano, come la fiera fiumana; e dove avrieno potuto ricondurla nell'alveo non sapevano: quindi chi almanaccava le riforme, specie di rimedio omeopatico al morbo sociale; chi sovvertimenti, peggio, che rimedio allopatico; chi una cosa, chi l'altra. Primo il Gioberti saltava in mezzo facendo drappellare alla Sapienza un bandierone involato di casa alla Follia: principi, papi, e popolo giù a bollire insieme dentro una pentola. Gli scrittori chiesastici affermano a ragione la democrazia essere contradizione del papato, imperciocchè quella dica agli uomini: "usate dei doni dello intelletto vostro meditando; valetevi dei diritti della libertà governando;" mentre per converso la Chiesa comanda: "qua ponetemi in mano il cuore ed il cervello vostro, io sono l'autorità, la regola, e la sapienza; io penso per voi, e se vi riesce, procurate, che io senta per voi!


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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