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      Cotesta era causa giusta! Cotesta era causa santa! Più giusta, più santa è la nostra! All'armi!
      Romani! l'Austriaco cento volte più barbaro del monsulmano picchia alle nostre porte.... che indugiate voi più? Come i Crociati poniamo sopra i nostri petti la croce, e su, addosso ai nemici, perchè Dio lo vuole! Non degno di chiamarsi romano chi per affetto o per comodo rimanesse codardamente ora alle sue case: non degna stirpe dei signori del mondo, non degno erede dei trionfatori sul Campidoglio colui che rifiutasse di presente vincere o morire per la libertà d'Italia. Indegna del nome di Romana, e di diventare madre colei, che adesso trattiene nelle sue braccia il fidanzato! Indegna dell'onore della maternità, e di seno fecondo colei, che piange per la partenza dei figliuoli! Indegna figlia delle matrone romane la donna che dissuade il suo sposo dai gaudi delle battaglie! Romani! i vostri padri vinsero tutto il mondo, patirete voi durare schiavi di tutto il mondo? Su via parlate!
      Ed ottenuta risposta conforme all'accesa favella suggiungeva: "davanti questa croce simbolo di libertà, sopra questa terra santificata dal sangue dei martiri giuriamo di non fare ritorno a Roma se prima non abbiamo disperso fino all'ultimo i barbari, che straziarono la nostra terra!"
      Taluno riprende coteste parole, e insinua pietoso come quei barbari cristiani fossero e nostri nella fede fratelli. Chi è costui? Un prete, che non rammenta come siffatti fratelli nostri le italiane donno sventrassero, e il frutto dei santi connubi portassero in trofeo infilato nelle baionette; e nè manco rammenta le creature cosperse di acqua di ragia ed arse fra il baccano e le scede a mo' di sorcio di fogna.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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