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      Ora se non abbiamo smarrito il senno tutto questo ci pare un mucchio di errori per non dire d'infamie; gli accordi per forza non approdano ad altro, che a inferocire gli animi peggio di prima; nè sta a martello attribuire la colpa all'assemblea, la quale bisogna pure, che commetta la forza al potere esecutivo, salvo a farsi rendere conto del come l'adoperi, e punire i prevaricatori; contro i barattieri il Lamoriciere aperto del pari, che preciso dichiarò: "restaurazione altro non significare che controrivoluzione;" e col Lamoriciere altri, a cui dobbiamo grazie della sincerità loro; forse a taluno parranno le parole invereconde, e sono, ma hassi a confessare altresì, che sono sincere: queste ammoniscono come il fine della impresa romana fosse quello di acquistare balìa sopra la Italia, il mezzo, la restaurazione papale; ovvero, per definire le cose a modo e a verso, il Papa usano i Francesi per arnese di servitù; costoro, da Parigi tengono in mano il capo della catena rinterzata di anelli papalini e cardinaleschi che hanno cinto intorno alla vita d'Italia e lo dicono, e questo altro anco dicono: i Francesi, se confusero il mezzo col fine e se misero innanzi il primo tacendo del secondo ciò fecero artatamente, dacchè sarebbe ingenuità soverchia palesare quello che si molina nell'animo; forse il meglio saria stato dichiararlo addirittura; pure se noi dissero non ingannarono mica: con questo vuolsi intendere che se ci furono ingannati non ci furono però ingannatori: la delusione è colpa degl'Italiani, i quali dovevano capire, che i Francesi non dovevano manifestare tutta la verità, nè potevano.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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