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      Il municipio, accorto tardi essersi rinnovato in Civitavecchia l'apologo della cagna pregna entrata in casa all'altra cagna, detta una magnifica protesta nella quale egli sbracia con la pala ai Francesi un flagello di virtù che non hanno mai avuto, si affida alle buone loro intenzioni, dimostra la infamia della opera che stanno per commettere con altre più cose da fare aggricciare le carni a cui legge, le quali avendo appunto questo effetto partorito nell'Oudinot, egli ordinava si distruggessero le copie stampate, la stamperia si chiudesse, soldati francesi la custodissero.
      Nè qui si arrestava costui, che considerando la guardia nazionale, e il popolo intero aderire al municipio e acclamare la repubblica mette la città in istato d'assedio, disarma il battaglione dei bersaglieri del Mellara, e lo dichiara prigioniero di guerra, ghermisce le munizioni, occupa le torri; quinci rimuove artiglierie e artiglieri, della marina dispone come di cosa sua, rimbrottato si scusa, ma continua a tenere. Nella storia dei Filibustieri occorre qualche cosa di simile, e tuttavia i Francesi si protestavano amici, anzi dell'accoglienza ricevuta in Civitavecchia si valevano per argomento capace a dimostrare le accese voglie del popolo di averli restauratori del Papa. Chi inventò la sfrontatezza a paragone di costoro si daria per vinto.
      L'Assemblea romana, preside Saliceti, protesta del violato diritto delle genti mercè la invasione ostile non preceduta da dichiarazione di guerra, delibera resistere, e rovescia sul capo alla Francia il sangue, che sta per versarsi.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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