Pagina (660/838)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Intanto giovanetti a corsa passano domandando l'uno all'altro: "dove vai?" A chiamare il Rosselli, rispondevano. "Ed io pure." Già i traini erano giunti alle eminenze negli intervalli delle quali il Garibaldi aveva disposto i soldati regolari, quando dalla parte di Velletri fu udito strepito di moschetteria, e indi a breve arriva tempestando un cavaliere che sussura nelle orecchie al Generale un motto, per cui questi mutata fronte va via di corsa col cavaliere. Il Ripari piantato lì in asso non sapeva, che farsi; statosi alquanto sopra di se ordina sostino le mule, e i cavalli della batteria, ed egli pure dietro al Generale.
      Adesso narro cosa che a parecchi saprà di agrume, ma io la vo' dire perchè tante sono le prove del valore italiano, che davvero egli non può patire manco di fama per qualche colpa commessa; e poi tanto mi uggisce la jattanza francese di non averne tocche mai, che quasi mi piace raccontare come gl'Italiani non repugnino dal confessare per essi talvota non essersi compito il debito. Il Masina capitanava novantasei lancieri, bolognesi la più parte; prodi uomini tutti ma nuovi, egli poi comecchè giovane di anni, vecchio di perigli e di prove; militò in Ispagna, e da pertutto dove si combatteva per la libertà; per lui niente impossibile, il numero non contava come pel Garibaldi, usi a mutare in vere realtà le fantasie dello Ariosto: costui vedendo ruinargli addosso due squadroni di cavalleria napoletana si volse ai suoi, e parendogli che nicchiassero, con parole di obbrobrio li vituperava aggiungendo poi: "e che vi ha da importarre che i nemici sieno mille?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





Rosselli Garibaldi Velletri Generale Ripari Generale Italiani Masina Ispagna Garibaldi Ariosto