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      Cotesto era comando disperato da darsi ad anima disperata, e tale si sentiva in quel punto Emilio Dandolo; trovò i venti perduti, e andò con essi, correndo tutti, a capo basso, senza contare chi cascava, arrivati sotto il palazzo erano dodici; di faccia fulminavano i Francesi da tutte le finestre del palazzo, dietro le spalle mulinava un turbinio di mitraglia dei nostri cannoni, e' fu mestieri uscire di là se pure non volevano coi frantumi delle proprie membra lacerate seminare il terreno; nel ritirarsi una medesima palla ferì nella stessa parte, la coscia, il Signoroni, e il Dandolo; di ventuno, al Vascello tornarono sei.
      Trasportato ferito all'ospedale volante l'amoroso fratello se ne prevale per andare attorno zoppicando in mezzo a dolori atrocissimi in cerca del fratello, e in ogni giacente appuntava l'occhio bramoso per riconoscere le dilette sembianze, e già gli era vicino, e stava per iscoprirlo quando un pietoso fu pronto a celarglielo: il Manara vedendo quello strazio fece cuore di ferro, onde cessasse, e chiamato col cenno della mano il Dandolo lo trasse in disparte; quivi strettegli ambe le mani gli disse: "non travagliarti più a cercare tuo fratello... io ti farò da fratello!" Trasportavano da capo il Dandolo all'ospedale e questa volta più morto, che vivo.
      Non io per certo mi stancherò ricordare i fatti, e i detti dei nostri eroi nella memorabile giornata, bensì lamenterò sempre che tutti non mi sieno potuti giungere; per la quale cosa mi è tolto consolare coteste anime di laudi, e di pianto.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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