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      I Francesi qui come altrove ci colsero inaspettati, e con infallibile colpo uccisa la sentinella sostarono per paura di scoppio; pure bersagliando alla lontana chiunque si attentasse di porre il piede sul ponte dalla sponda sinistra. Per accertare l'esito della impresa un Leblanc colonnello del Genio francese aveva ammannito più sotto al ponte una zatta con armi da servire a parecchi bersaglieri che avrebbono traversato il fiume a noto; a troncare il disegno ecco un Fulgenzio Fabbrizi di città di Castello si tuffa ignudo nel fiume, e stretta co' denti la fune a cui stava ormeggiata la zatta, adoperandoci gli sforzi supremi la tira seco; se lo fulminassero i Francesi, che se l'erano vista fare proprio sotto gli occhi, non è da dire, e crebbero la furia quando cotesto animoso si trovò in mezzo alla corrente a contrastare coi vortici, che lo tiravano in fondo, e con la zattera, la quale sbalzata a urtoni gli ammaccava la persona, tuttavolta così egli provò amica la fortuna, che pesto sì, ma incolume di ferite potè attingere l'altra sponda.
      Ma il ponte cadde in potestà dei Francesi, i quali padroni delle alture menavano strage dei nostri, senzachè potessimo offenderli noi.
      Narra il Torre, che millanterie ne corsero da una parte e dall'altra; infermità comune massime ai popoli meridionali, ma alle millanterie i Francesi aggiunsero le menzogne più sbardellate; a mo' di esempio l'Oudinot dava ad intendere ventimila dei nostri impegnati alla difesa di villa Pamfili, ed in tutti noi non arrivammo mai a tanti: il vero era che appena toccavano i quattrocento: si gloriava avere conquistato tre bandiere, e n'ebbe invece una, non mica conquistata, bensì rinvenuta da lui dentro certa rimessa; vantava come sforzo solenne di guerra la occupazione di Monte Mario, e veramente utile gli fu, ma egli se lo recò in mano indifeso durante il tempo dello armistizio.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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