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      Il Garibaldi a quella vista si picchiò del pugno su la fronte, e volto al cielo mormorava non so che parole; forse avrà invocato Dio; io però non lo guarentirei. Pochi giorni dopo successe un'altro caso, il quale dimostra come facile si apprenda in cuor di popolo l'agonia di gesti generosi, ed io lo racconto non solo per questo, ma altresì perchè si vergognino (se mai fosse possibile) coloro, che per essersi messi un dì al cimento per la Patria non rifinano mai di rinfacciarlo pretendendo di essere adesso mantenuti del danaro pubblico oziando nel Pritaneo, o di risucchiare eterne mignatte le tasche dei privati.
      Certo Barabba, che tale hanno nome i facchini a Milano, avendo osservato come i Francesi lavorassero indefessi ad alzare un terrapieno dalla sinistra parte del Vascello, se ne andò in fretta ad avvisarne Giacomo Medici, il quale rispose breve: saperlo. Il Barabba incollerito ripiglia: "o perchè non s'impedisce?" E il Medici più aggrondato, che mai: "non si può." Il Barabba sta cheto, e quinci partitosi si accorda con alquanti dei suoi compagni, gente pronta a mettersi in qualunque sbaraglio, e con essi esce dal Vascello; di celato si accosta ora nascondendosi dietro a un vaso di limoni, ed ora dietro una siepe al terrapieno; alla stregua, che sparisce lo spazio ai compagni viene manco il coraggio, sicchè all'ultimo resta solo, nè di ciò si accorge: solo pertanto arriva al terrapieno, e solo di un salto piomba giù fra i soldati gridando: "siete tutti morti!" I Francesi naturalmente temendo gli tenesse dietro grossa mano dei nostri, gittati via i badili, e le vanghe scappano via a pigliare i moschetti, per difendersi; ma il Barabba volgendo allora gli occhi per contare un po' con quanti moveva all'assalto, si scorge solo: pianse di rabbia, e per questa volta la fortuna risparmiando l'animoso gli concesse tornare salvo al Vascello, dove il Medici dopo avergli concesso le meritate lodi lo volle con una moneta ricompensare: il Barabba gli ficcò gli occhi addosso a squarcia sacco, ma il Medici pronto riparava la svista dicendo: "tienla per cambiarla in una medaglia.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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