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      Il Dottore Ripari memore della promessa avendo veduto sul fare del giorno la cassa domandava se il cadavere del bersagliere si trovasse tuttavia nel sotterraneo, e venne a sapere, che a quell'ora era stato insieme con gli altri sepolto; parve al Dottore essere proprio il caso di ricorrere ad una frode pietosa, e procurò nella cassa vuota s'inchiodasse il primo morto venuto (e di morti come vedemmo non si pativa penuria!); il cappellano venne, vennero con esso i bersaglieri, e con lacrime e con esequie proseguirono un morto, che sebbene incolpevole, le usurpava; - l'egregio uomo questo evento scrivendomi mi domandava: "ho fatto male? Mi parve allora, che confessare il fallo sarebbe stato peggio; non ebbi coraggio di contristare cotesti valorosi, e dabbene giovani: temei di spargere su l'anima loro amarezza inestimabile e dannosa se avessero pensato quale cura i vivi abbiano dei morti, quando anco morti per la Patria." No gentile spirito, non operasti male, che non per questo l'esequie giovano al defunto perchè celebrate sopra il suo corpo; le preci, e gli amorosi ricordi fanno più bene a cui le recita, e li conserva, che a quelli che ne sono argomento; Dio rimuneratore nella vita da me sperata seconda, non ha mestieri eccitamenti per consolare le anime immortali, e per premiarle.
      Abbandonata la prima linea di difesa i nostri si ritirarono alla seconda, la quale come accennai veniva formata da parte delle mura costruite dallo imperatore Aureliano prima che movesse alla impresa di Palmira: elleno per bene dodici miglia circuivano l'antica Roma lasciando fuori il Trastevere e il Vaticano; Urbano VIII le squarciò da un lato addentellandoci le nuove mura, che dalla porta Cortese scendono fino a porta Cavalleggeri, sicchè parte della cinta dello imperatore Aureliano rimase dentro di quelle, e precisamente tutta la porzione, che arrivava fino alla porta Settimiana; questo frammento, e nè meno tutto somministrò le ultime difese ai Romani.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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