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      - Enrico Cernuschi, il quale molto operò nello assedio di Roma, e corse estremi pericoli per lei con molto senno tale dava ragione della difesa, la quale comecchè occorra in altri scrittori pure mi sembra pregio della opera riferire a mia posta. "Noi ci siamo da prima difesi così consigliandoci l'onore ed il vantaggio nostri; ci siamo difesi poi perchè ci confortava il voto della Costituente francese; più tardi il trattato col Lesseps. Perdurammo nella difesa nove giorni dopo entrato il nemico a Roma, e dopo il lacrimevole annunzio della prevalenza della nuova tirannide a Parigi per dimostrare, che non eravamo dietroguardia di un partito, bensì vangardia di un popolo deliberato a risorgere in nome di Dio, e della Libertà: qui non siamo comunisti, nè socialisti, nè montanari: siamo italiani!" Per ultimo; altro il dovere del Re, ed altro quello del magistrato del popolo, ed è chiaro, non avendo il magistrato popolesco in verun caso mai il diritto di sostituire il suo al volere del popolo, massime in ciò che attiene ai proponimenti d'importanza suprema; il re al contrario arbitro in tutto e per tutto, e sempre: il re passa, le regali stirpi tramontano, onde dei sacrifizi può darsi, che al re non tocchi altro, che il danno, ma il popolo, che dura sa come scrive il Gioberti: "che non si sparge mai umano sangue indarno, nè mai rimane invendicato, e nulla nel mondo sociale come nel giro della natura va mai totalmente perduto:" e sa eziandio, secondochè Federigo Torre ammaestra: "che il sangue, che si sparse oltre all'essere seme per lo avvenire diventò consecrazione di principi, fu testimonianza, che la rivoluzione non era delirio di pochi, ma bisogno e convincimento di tutti, i quali dove avessero posto mente alle debili forze in paragone di quella onde lo straniero veniva armato a combatterli, non avrebbero mai dovuto mettersi al cimento, in ispecie contro la Francia tanto copiosa di soldati, e potente in armi: Forse i Romani di per se stessi la impari lotta non vedevano?


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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