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      Andò distrutto nel palazzo Costaguti un'affresco bellissimo del Pussino con tanto maggiore querimonia quanto che non lo avessero mai ritratto nè con pennello nè con bulino. Contro questa salvatichezza, che i francesi vituperano in altrui, a mò di quello che inquina la pietanza ond'altri se ne schifi, ed egli possa mangiarsela tutta per se, protestarono gli artisti, e il municipio romano, con essi, e più autorevoli di tutti, i rappresentanti delle potenze straniere, i quali (per adoperare le medesime loro parole) contestavano a viso aperto al Generale di Francia, il profondo dolore pel bombardamento di Roma per più giorni e più notti continuato non solo con danno di donne e di fanciulli innocenti, ma altresì con pericolo degli abitanti neutrali; di già parecchi innocenti perirono, parecchi capi di opera di arte, che veruno potrà rifar mai andarono perduti; quindi s'intima il Generale a desistere dal bombardamento, che distruggerebbe la grande città cui le nazioni civili del mondo moralmente proteggono. Tutto questo era niente, il Generale Oudinot confessava esserne uscito questo male, ne stava per nascerne altro maggiore, ma così ordinare il Governo, ed egli ne adempirebbe i comandi; tale e quale avrebbe parlato il carnefice: ancora; colpa di tutto i Romani: o perchè si ostinano a resistere tanto? La Francia volerla spuntare ad ogni patto perchè ci entravano di mezzo i suoi interessi, e il suo sangue: veramente nel dispaccio prima veniva il sangue, e poi gl'interessi, ma quell'ordine era messo per figura rettorica.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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