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      - Tornando al Laviron, egli aveva indossato in quel dì la camicia rossa, e non fu savio; quindi, preso facilmente di mira cascò ferito nel ventre, allora subito gli si versava addosso Ugo Bassi a confortarlo con paroledi affetto divino, ma egli profferita appena la raccomandazione della sua anima a Dio spirò baciando il Bassi; non per questo il dabbene Ugo lo abbandonava, bensì a lui morto proseguiva prodigare cure fraterne, nè valsero a strapparlo di là supplicazioni, nè comandi, tanto che una scarica di palle nemiche lo rinchiuse come in mezzo a un nugolo dentro di sè; veruna lo colse che il suo fato lo aspettava a Bologna. - Il Garibaldi quando lo vide fuori di pericolo ebbe a dire ai suoi: "voi non potete credere quanto questo uomo mi contristi, dacchè io lo veda dominato dalla voluttà, per dire così, dalla morte."
      Insieme al francese Laviron morirono il capitano Giordani, ed i tenenti Fattori, e Giovannini, ed anco talune guardie nazionali Romane di cui non trovo registrato il nome. Vi perse la gamba, e il piede destro Giuseppe Brambilla da Milano; forse adesso egli vive, e il cielo gli consenta anni quanti bastano per vedere che non espose invano le membra del suo corpo per la redenzione della Patria; altri altri premi ambiscano e gli ottengano; ai magnanimi davvero tanto basta, e ne avanza: suo fratello Emilio Brambilla felice ingegno con altra opera secondò la fortuna di Roma, amministrando la finanza; ora è morto: pianta di buon seme fu la famiglia Brambilla, e i buoni patriotti hanno a desiderare che sia perpetuata; in altri ricordi trovo notati, morto il capitano Baj per dolorosa ferita, che gli portò via di netto ambedue le gambe, tra i feriti meritano speciale menzione il Brusco genovese appartenente alla Cancelleria del Garibaldi, e certa Orsolina da Foligno scemata da scheggia di bomba del tallone destro.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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