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      Per meglio conquidere i nostri schierati a destra della porta San Pancrazio i Francesi tentarono arrampicarsi sul portone di cotesta porta, e quinci salire su la breccia del Bastione nono aperta dalla Batteria decima; li respinse il Medici co' suoi, e col primo reggimento di linea, anzi taluno dei nostri s'inerpica ad occupare il frontone donde recava gli ultimi, non però i meno dolorosi danni al nemico, che infellonito colà avventa le armi, e le ire; ma per fulminare ch'ei faccia con le sue artiglierie veruno si rimuove, e con esempio memorabile tutti elessero perire sotto lo sfasciume della porta.
      A Villa Spada un manipolo di soldati della legione italiana avendo scorto certi fanti francesi ripararsi verso il muro della corte si avventò su di quelli cacciandoli a furia; l'Hoffstetter preso animo dal caso, volle tentare se gli venisse fatto di ristabilirsi nella Batteria dinanzi casa, e chiese al Manara gli concedesse una cinquantina di uomini; gli furono dati, e di un salto tutti di accordo balzarono sul luogo indicato; colà l'Hoffstetter procedeva oltre con alquanti dei suoi, gli altri lasciava dietro al coperto per bersagliare i Francesi, appena però avesse incominciato ad assalire la Batteria, anche quelli corressero a rinforzarlo: si accostava temerario piuttostochè animoso, e vide essere quella impresa perduta, imperciocchè la Batteria comparisse tutto intorno munita di alti gabbioni presidiati in copia: nondimeno gli piacque continuare il combattimento lasciandosi in balìa di quel soffio di speranza, che mai non cessa: così durando da una parte e dall'altra vennero a mancare le munizioni ai nostri, per la quale cosa l'Hoffstetter rannicchiandosi più che poteva si recò per esse a Villa Spada; per via occorse in un giacente francese bello e robusto con una ferita al sommo del petto il quale se ne stava esposto al grandinare delle palle e non faceva, o non poteva movere atto per levarsi di là, l'Hoffstetter commiserandolo gli disse: "abbiate pazienza anco per un po', e manderò la barella a pigliarvi" ma quegli non disse motto; giunto sotto la Villa chiese la munizione, e il Manara con le sue medesime mani gliene gettò un sacco dalla finestra, se lo recava su le spalle mentre il Manara sempre dall'alto gli raccomandava ritirarsi, che la zuffa gli pareva senza costrutto; l'Hoffstetter gli rispondeva, ma quegli non replicò, per la quale cosa l'Hoffstetter andava pei fatti suoi, ma indi a breve tornato avendo conosciuto a prova la verità dello avvertimento del Manara ricercava di lui; ognuno evitava parlare, incollerito insiste, e allora in silenzio gli additano una stanza terrena; sopra la soglia gli occorre l'Appiani segretario del Manara lacrimoso, entra e mira un gruppo di gente insieme stipato, lo separa con empito, ed ecco gli sta dinanzi il Manara tutto sangue con gli occhi erranti per le tenebre della morte; gli si genuflette ai piedi, la mano gli bacia e la fronte già fredde; quegli lo ravvisa, e con piccola voce ansando sussurra: "sono ferito a morte; forse mi rimane a vivere un quarto d'ora" L'Hoffstetter lo consola, e propone trasportarlo all'ospedale, ma il Manara ricusa dicendo: "no.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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