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      Di Garibaldi note le fortune, la costanza, l'ardire, i pericoli, e i casi dolorosi. Episodi pieni di amarezza infinita della Odissea pietosissima sono le morti del Brunetti e dei suoi figliuoli, di Ugo Bassi, e della valorosa sua donna Annita; le fughe, le insidie, la ferina caccia, e l'eroico aiuto dei buoni, per ultimo lo scampo miracoloso per virtù del Guelfi maremmano nostro, bella gloria toscana: di ciò non sono chiamato a spendere parole; solo devo ricordare come a cotesti tempi fosse detto, e ripetuto poi, che esulando da Roma ei si portasse seco un milione: l'uomo integro di siffatta accusa non si diede un pensiero al mondo; molto meno si dolse, ovvero accusò: egli (le opinioni degli uomini sono varie) avrebbe tenuto sfregio solenne un certificato di probità scritto in una sentenza di Giudici, la quale piove sul bagnato dove non ti sovvengano la fiera coscienza, e la estimazione pubblica: se al Garibaldi abbisognasse testimonio basterebbe, che la povertà accennasse coteste inclite mani che sanno donare un trono, e zappare un campo. Tuttavia ecco quanto fornì materia agli abietti di malignare su questo milione di monete di oro coniate con l'effigie di Gregorio XVI, e di Pio IX tratte fuori dalla Zecca e rubate; quando il Garibaldi uscì di Roma unico capitale, che possedesse erano ottomila scudi romani in carta; però modo di spenderli non ci era; ci fosse stato, se ne cavavano un mille l'arebbono tenuto per provvidenza; li consegnava a quel Giuseppe Guarnieri soprannominato Zannetto di Vescovato cremasco battagliero di valore unico piuttostochè raro; a narrare i gesti ch'ei fece non basterebbe un libro; il prode uomo seguitò il Garibaldi, e allorchè questi licenziava la sua legione a San Marino per niente consentì separarsene; gli ammannì le barche a Cesenatico, con lui entrò in barca; con lui, venendo addosso i piroscafi austriaci per pigliarli si buttava alla spiaggia; in questo punto voltatosi al Garibaldi, dubitando, che dove fossero caduti prigioni cotesti fogli valessero a metterli in male partito, domandava, che dovesse farne; e il Generale di rimando: "quello che vuoi" egli allora li buttò in mare al cospetto del Generale e di altri dieci riparati nella medesima barca: vuolsi altresì ricordare, che se gli sofferse l'animo di gittare all'acqua la carta non sostenne affondarci il suo mantello di ufficiale; afferrata la terra alla Mezzola il Garibaldi gli diede licenza, che meno arduo sarebbe stato scampare alla spicciolata, che insieme; egli allora mutò veste con quella di un pescatore, ripiegò il mantello in fondo di un cavagno coprendolo di foglie, e di anguille, e con esso in mano si aggirò, sempre col pericolo di essere scoperto e fucilato, per bene quindici giorni in mezzo alle paduli di Brondolo circuito dagli Austriaci traverso i quali fortunatamente passando si ridusse incolume a Venezia prima, che si rendesse; così buttò via la pecunia, salvò il mantello.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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