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      Adesso opinione di molti, la quale va (che giova negarlo?) mano a mano allargandosi è che la Monarchia non voglia, nè possa satisfare al compito di francare Roma dalla potestà dei preti, e darla capo alla Italia; non vuole, dacchè con lo schiantare l'autorità sacerdotale verrebbe a tagliare eziandio le radici alla principesca, avendo alla prima, attinto sempre la seconda come a sorgente inesausta di qualunque tirannide; che se talvolta ella ebbe ricorso al voto del popolo, ciò fu per via di ripiego, e sbalestrata dalla violenza dei tempi, non già con volenteroso animo, e leale, e molto meno col proponimento di tenersi a lungo cotesto calcio in gola: e neppure ella lo può, conciossiachè se avverti al diritto, la Monarchia non offesa, e vincolata dai trattati come spoglierebbe il Papato senza infamia non si comprende; se poi consideri la forza la Monarchia non la possiede materiale se il popolo gliela neghi, molto meno la morale. Checchè sia di siffatte opinioni, certo è che il popolo ha potestà di rivendicare la sua terra come quello che senza dubbio Dio creò padrone della terra; nè veruna memoria antica ci ammaestra che egli creasse la bestia sacerdote, o l'animale re; l'uomo è creatura naturale, preti, e principi derivano dal volere e più spesso dai vizi, e dagli errori degli uomini. - Che il prete abbia comprato Roma non è verosimile dacchè la Chiesa nacque ignuda fra gli stecchi, nè ad ogni modo libertà di popolo somministra materia a compra ed a vendita; se il prete s'impose padrone per via di errore, ei venne con le tenebre se ne vada con la luce; se spartì col conquistatore il popolo come fiera presa alla caccia, la forza tornò al conculcato, e al prete ora tocca di fare cadendo il tomo.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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