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      Tu sei bella, o creatura, ma la tua bellezza porta una impronta tenebrosa; tu nasci figlia di un sublime pensiero, ma come Lucifero decadesti; i tuoi raggi come quelli del sole che tramonta feriscono, non consolano la vista; la tua bellezza è il nostro tormento. Ma andiamo affannosi in traccia di quella innocenza che Eva lasciava nell'Eden, e questo è il più fiero travaglio del cuor nostro. Ma il tuo cuore ugualmente fu condannato a spezzarsi per la nostra incostanza. Forse tu dovresti essere maladetta, perchè la prima a peccare; ma il serpente abita nelle tue fibre dilicate: la curiosità genera la sapienza, in te partoriva la colpa. – Tu schiudesti la via dei delitti, noi vi ti abbiamo superato.... Oh, figli della polvere, non vi maladite, ma abbiate misericordia tra voi!
      Nelle sale del castello capuano vive una creatura divina nelle forme, divina nell'anima. Ella teneva la faccia adagiata sopra un origliere, e gli sguardi dimessi: una bellezza maestosa compariva per tutto il suo aspetto. Molte damigelle le stavano attorno, e tacite tacite facevano voto che sollevasse gli sguardi, i quali, sollevati, non potevano sostenere; perchè siffatta luce ne usciva, che svelava un'anima, la quale non si sarebbe mai creduto avessero potuto reggere quelle sue membra dilicate. Ella era leggiadra quanto la madre degli uomini, che il divino Ghiberti effigiava sorgente dalla carne di Adamo, e sorretta dagli Angioli a riporre in pegno di amore la sua mano nella mano di Dio. Certo ella non pareva figlia di nozze mortali: forse i connubii dei figli di Dio, allorchè sentirono amore per le belle figlio di Caino, l'avrebbero potuta generare, ma lo spirito dell'Eterno non benedisse quei maritaggi, perchè esse nacquero nel peccato, onde ne vennero i Giganti e Nembrod il feroce cacciatore al cospetto di Dio.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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