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      Sperava ripararsi in Lucera, ma anche questa città era in poter dei nemici: nondimeno nessuno altro rifugio si presentava, e in ogni caso era forza tentare: ma torrenti, montagne e nemici, prima di pervenirvi si frapponevano. Chi avrebbe voluto correre tanto manifesto pericolo, e partecipare seco lui la presente sventura? Corrado e Marino Capece, singolare esempio di amore fraterno e di lealtà, risposero, stesse pure di buon animo, ch'essi come pratichi di que' dirupi speravano in Dio di condurlo a buon salvamento. – Si posero in via. – Le cose andarono sul principio a seconda: fino a Magliano non incontrarono anima vivente. Giunti in questo borgo, trovarono una colonna dell'esercito di Bertoldo, quivi fermata con ordine di chiudere le vie di salute a Manfredi. Si accôrsero i fuggitivi dello imminente pericolo, e si dettero a traversare il borgo con molta accortezza. Già stavano presso ad uscirne con avventuroso successo, allorchè intopparono in doppio filaro di carri posto a capo del cammino: i soldati lasciativi a guardia domandarono chi fosse; la più parte del séguito di Manfredi stimandosi perduta, trasse le spade gridando: "Svevia! Svevia! Siamo qui per punirvi, traditori." Si venne a un duro affronto, nel quale il caso, più che la prodezza, dispensò i colpi. Manfredi, i Capece, ed alcuni altri rimasti
      addietro, affrettando i cavalli giunsero sul luogo, e videro che i loro compagni, fieramente assalendo, ed i nemici ritirandosi, avevano reso libero il passo: al punto stesso sentirono un mormorio lontano di gente, che si affaccendava per venire in soccorso della guardia dei carri; quantità di fuochi errava qua e là pel borgo; poco più che tardassero, erano irrimediabilmente chiusi nel mezzo.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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