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      Un scudo d'oro di vittoria è il pegno."
      Allora si levarono tutti: il cielo appariva in parte sereno; salirono i destrieri, e si riposero in via.
      Sorgeva un bel giorno: gran parte dei Saracini stava raccolta sopra le mura di Lucera a cantare il Salè della Nuba matutina, allorquando videro di lontano venire per la pianura quattro cavalieri armati di tutte arme. Giunti che furono a tiro di balestra, tre si rimasero, ed uno si avanzò a testa scoperta in segno di sicurezza, alzando la mano senza guanto per denotare la pace.
      Pel capo di mio padre, parmi Manfredi!
      gridò un Saracino.
      È la morte che ti percuota!
      rispose un altro. "Chi sa in qual parte si trova adesso il nostro dolce signore!"
      Possano dirmi sette volte cane, e maladetta la mia generazione, se quegli non è il figlio di Federigo!
      rispose un terzo.
      Perchè hai bevuto il sangue della vite, Hussein? Non lo aveva detto il Profeta, che il vino ammala il cuore, e ci fa simili allo stolto?
      Baba Musah, perchè mi dici ebbro? E perchè accusi dei danni della tua vecchiezza il compagno che vede meglio di te? Questo t'insegna la sapienza degli anni? Guarda bene: non distingui l'aquila d'argento sul cimiero appeso all'arcione?
      Arsullah! Sì certo, è un'aquila quella.... Arsullah! È Manfredi davvero.
      Manfredi, Manfredi,
      suonarono a un tratto le mura: "Manfredi, Manfredi," risposero i Saracini rimasti nei quartieri, e prendevano l'arme, e accorrevano, "Ecco il diletto signore, ecco il nostro Principe, che viene a soddisfare i nostri desiderii, e a riposarsi su la nostra lealtà: ch'egli entri, ch'egli entri prima che il Governatore se ne accorga.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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