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      Ahimè! comportarci con l'amico, come si farebbe co' più crudeli nemici, è segno manifesto di mente ammalata." – E sollevò gli sguardi al firmamento, e mormorò. Dipoi, tutto armato come era, si stese sul terreno, facendosi guanciale della rotella. Molta l'opprimeva la stanchezza; da prima la sua mente si fissò in un pensiero solo; di lì a poco una serie infinita di pensieri gli si avvolse per la testa; essi erano in principio distinti, ma spesso interrotti; e succeduti da altri disordinati, e senza séguito, diventarono finalmente confusi: gli occhi aggravati, lento lento si chiusero, e Rogiero sì addormentò.
      Rimase alquanto tempo in quello stato, allorchè uno schiamazzo di risa, di bestemmie, e di male parole, come usa fare la gente della plebe, tutto ad un tratto lo risvegliò. A breve distanza da lui, tra le frasche della boscaglia, vide un gran fuoco, e innanzi a quello uomini di fiero aspetto, tutti coperti di arme, che tripudiavano in orribile maniera: sentì pure, allorchè quei loro stridi infernali diminuivano, una voce piangente lamentarsi, e a quella voce rispondere con risa smoderate, ed ingiurie. La più parte degli uomini di quel tempo si sarebbe fatto il segno della salute, e fuggendo, come se mille diavoli la cacciassero, avrebbe giurato di avere veduto il Sabbato, – le oscene tresche delle streghe al lume della luna; – il demonio in forma di caprone nero accogliere le adorazioni della congrega, – scannare un bambino, – offerire il suo cuore sanguinoso su l'altare nella messa di esecrazione, celebrata con l'ostia nera; e simili altri errori, di che la buona gente d'oggidì schernisce l'antica, come se fosse sicura, che la veniente non riderà di lei per le stoltezze delle quali a sua posta va ingombra.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





Rogiero Sabbato