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      – La forza, fratello, è la gran madre Eva di tutti i diritti.
      E qui i masnadieri, fino a quel punto intentissimi alla disputa, gridarono a gola spiegata: "Bravo il nostro dottore! egli è un valente uomo Drengotto!"
      Oh! signore mio, voi siete troppo savio maestro di argomentazioni, perchè un povero accattone possa venire in contesa con voi, io vi scongiuro per l'anima di vostro padre, s'è morto....
      Questo è quello che non so neppure io. Pover'uomo! E mi ricordo, che mi voleva bene, ma bene assai; gli dicevano tutti che io era il ritratto vivente di madonna Ermellina, ed egli aveva coralmente amato madonna mia madre. Fecemi apprendere gramatica, ed il maestro, che ne traeva grosso salario, gli andava susurrando alle orecchie: – il bello ingegno di quel vostro garzone, messere! E' mi pare di vederlo Giudice della ragione civile, e chi sa? anche Governatore, e, se la fortuna lo porta, forse Gran Giustiziere, o Protonotario della corona. – Il buon uomo, pieno di questi pensieri, datimi libri, danari e palafreno, con molte lagrime, e raccomandazioni di farmi valoroso in jure, mi accomodò con certo mercadante suo amico, che partiva per Bologna, e mi mandò allo studio. Di lì a due mesi, venduti libri e palafreno, mi tornai a casa in farsetto; composi una mia novella; messere la credè, e aspettava il nuovo anno per rimandarmi a Bologna. Intanto io, se non aveva imparato lo jus, aveva imparato tra gli scolari tutti i vizii, che furono, sono, e potranno essere, e più. Aveva bisogno di danari, e questi mi forniva assai sottilmente mio padre, perchè con la vecchiezza suole venire l'avarizia: mi cadde in mente di rubarglieli; osservai dove tenesse il forziere; mi accorsi che stava riposto in una cameretta in capo della scala; mi provvidi di arnesi, ed una bella notte mi apprestai all'opera; apersi agevolmente l'uscio, e la cassa; tutto era andato a dovere, e già toccava il danaro, e già lo prendeva, e.... ma ciò facendo con poco senno, e manco precauzione, lasciai andarne un pugno per terra; le monete cadute mandarono un suono, che mi abbrividì di spavento: alcune di queste ruzzolando ruzzolando trovarono l'uscio aperto, e si cacciarono giù per le scale; ogni balzo che facevano su i gradini, era per me una stoccata per mezzo del cuore: rimasi un momento incerto, come colui che si sente sconfortato dalla paura e dalla vergogna, e questo momento fu che mi perdè. Mio padre, udito il romore, amando più della vita il danaro, che egli chiamava suo secondo sangue, venne a precipizio alla mia volta: quando io volli fuggire, me lo trovai innanzi al cammino, egli mi afferrò alla gola, e stringeva di buona mano.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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