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      Si riparavano alla sua corte tutti i prodi cavalieri di Provenza, di Francia, e di Catalogna, non meno che i più valenti Trovatori che avessero fama a quei tempi; ed egli stesso assai dilettavasi di correre lancia nel torneo, e cantare la canzone di amore in mezzo ad un bel cerchio di giovani dame.
      Il romeo disegnò di far prova della cortesia del Conte: e senza altro pensare si cacciò arditamente nella corte. Maravigliaronsi i cavalieri, che un mendico avesse tanto di audacia da penetrare in mezzo a loro; ed ognuno di essi schifavalo, e sì come pauroso che le sue vesti di seta non s'imbrattassero toccando quelle del povero pellegrino, da parte si ritraeva: ne seguì quindi, che, invece di farlo obbrobrioso, come era il pensiero, lo esaltassero, imperciocchè egli camminava tutto solo in mezzo a due ale di dame e cavalieri, i quali, quantunque si fossero così disposti per disprezzo, pure il concetto mal talento non manifestavano al di fuori, e quella posizione era rispettosa.
      Il Conte Raimondo, che, per godere di un solo sguardo la festa, s'era messo a sedere sopra un luogo elevato a guisa di trono apprestatogli nella parte principale della sala, appena vide il romeo che si avanzava, scese, e andatogli incontro gli fece grata accoglienza, dicendo: "Bel pellegrino, voi siete il molto ben venuto in nostra corte; disponete a modo vostro di tutto quello che vi aggrada, perchè intendiamo che ne siate come signore, e padrone."
      Monsignor Conte, ora vedo che la fama, per quanto dica della vostra alta cortesia, non può tanto dire, che le voci al paragone non vengano meno.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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