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      – E così favellando le presi con ambe le mani la testa, e la baciai in fronte. – Allo improvviso ascolto uno strido acutissimo, uno stormire per le frasche della selva, ed uno allontanarsi precipitoso; balzo stupefatto, corro là d'onde m'era sembrato che si fosse partito il grido; – nessuna traccia d'uomo mi si presenta alla vista. Torno a Messinella, che appoggiato il suo nel mio braccio, mi accenna di riprendere la via del castello; ella era trista, abbattuta, appena mutava di passi. Io pensava tra me di recarmi nei giorno appresso di buon mattino da Berardo, e chiedergli ragione della condotta strana contro il suo amico, e la sua consorte. Intanto giungiamo al castello; l'accompagno nella sala, e prendo commiato. – Addio, mi disse l'infelice, rammentatevi di Messinella. – Io m'incammino col cuore chiuso; giunto alla porta, mi richiama un'altra volta – poi un'altra; – sventurata! pareva che una voce segreta l'avvertisse, che non doveva vedermi più mai. Io parto: – abbandonate le redini sul collo del destriere, con le mani incrociate sul petto, percorro la via che mena al mio castello. Ad un tratto una voce per le tenebre dietro mi chiama: – Gorello! Gorello! – Mi soffermo: la voce pareami straniera, nondimeno rispondo: – Chi è, e che vuole colui che per la notte ha pronunziato il mio nome? – Gorello! ripete un cavaliere, e nel punto stesso mi si pone al fianco. Al chiarore incerto delle stelle lo riconosco; aveva scoperta la testa, i capelli scomposti, la voce alterata. – Berardo! siete voi? che tutti i Santi vi aiutino.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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