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      – Niun gemito, niuna parola– per parte di Berardo.– Padre Ugo gli si accosta, curva la testa, sovrappone la sua alla faccia di lui; dipoi tornando alla mia volta chiama i vassalli, ed ordina loro che mi riportino alla mia stanza. Io prego il Frate a non permettere che di là mi rimuovano; non concedendolo egli, grido che non mi terrebbero senza la forza: il buon Padre invano si affatica a persuadermi, che più sempre mi ostino nel mio proponimento: allora i vassalli si apprestano a farmi violenza, tento resistere ma le mie forze erano spente. Sono trasportato: la rabbia della impotenza, e il timore pur troppo giusto che Berardo fosse morto, irritarono talmente le mie afflizioni che caddi in deliquio. Poichè mi riebbi, vidi al mio capezzale Fra Ugo, che subito prese a confortarmi con soavi detti, e bellissimi esempii tolti con molta dottrina dagli Evangeli, ma che non fruttavano nulla con me, ormai disposto di morire. Scongiurai il Frate in nome di San Benedetto a dirmi se Berardo viveva; ed egli, male potendo resistere allo scongiuro, mi raccontava, come la piena del rimorso, più che le sue ferite, avesse ucciso Berardo: allora tentai sfasciare le mie, nè potendo, sorsi dal letto furente, per cercare la morte, o dando del capo nella parete, o precipitandomi dalle finestre; fui rattenuto, e d'ora in avanti diligentemente guardato: disposi lasciarmi morire di fame, nè per quanto s'ingegnassero, potevano mai riuscire a farmi trangugiare cibo, o bevanda: – era in me sorta una smania rabbiosa di morte.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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