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      Almeno tu mi avessi dato tempo di bevermelo.... pazienza! Aspetta di grazia fino a domani, e quindi fa quello che vuoi.... Domine, in manus tuas commendo...." urlò il povero Maestro, che uno sbalzo terribile della nave fece duramente stramazzare su l'intavolato, e rovesciargli addosso i vasi con tanto amore guardati; onde è che tutto smanioso prendesse a dire brontolando: "Ah! libeccio misleale e fellone, che pretendi? Annegare Monsignor Carlo? Non sai ch'egli nasce di famiglia antica quanto la tua, ed è il più nobile signore di tutta Cristianità? Si fanno esse queste cose ad un fratello di un Re di Francia, di un Santo, ad un campione di Santa Chiesa? Ah! vento, vento, tu ti sei fatto ghibellino, la riprendi per Manfredi. Oh! tra me e te è finita; ho strappato maglia; potresti far miracoli, non ti perdonerò mai di avermi versato il vino, e condannato a morire nell'acqua."
      Il timoniere vedendo che in quel modo si andava incontro a inevitabile rovina, chiamato un marinaro nel quale molto si confidava, gli comandò di tenere per poco il timone vôlto a destra, e scese in traccia di Carlo che trovò col capo nascosto tra le mani sopra una tavola, travagliato dall'angoscia di stomaco.
      Animo!
      gli disse Gorello con voce sicura "alzatevi, Monsignore, e venite a confortare la vostra gente, perchè non vedo strada di potere uscire d'impaccio in questa maniera: chi si abbandona, Cristo abbandona; e a morire avanza sempre tempo."
      Carlo, punto di vergogna, balza in piedi, prende pel braccio il timoniere, e si fa oltre: allo improvviso percuote in un corpo disteso per terra, in modo che se non era Gorello vi traboccava sopra.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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