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      Visse un uomo in Italia che soleva trattarla nella sua fanciullezza, come il pastore maneggia il vincastro; egli vinse con essa più d'un torneo, ed abbattè più di un cavaliere in battaglia. Questa sola mi rimane del retaggio dei miei padri, – ella è la lancia del mio genitore: anche io un tempo la palleggiai, – adesso comincia ad essere troppo grave per le mie membra affralite.
      Che Dio vi aiuti! affralite! Parmi che degli anni voi non potete giungere oltre i quaranta.
      Sono i soli anni, quelli che indeboliscono il corpo?
      È vero... ma, in cortesia, perchè quel pennoncello bianco ne cuopre la punta?
      Perchè vi si conservi vermiglio un sangue, che da più anni vi sta sopra rappreso.
      In questo punto si fece udire il lamento di una remota campana, che suonava per la prece che i Cristiani sogliono nell'ore della notte recitare per le anime dei loro morti: Ghino ne raccolse i tocchi concentrato, come lo annunzio di disastro avvenuto, poi disse a Rogiero: "Bel Cavaliere, vi chiedo perdono se per un momento vi lascio senza compagnia, perchè m'è forza recitare alcune mie orazioni."
      Che! avreste voi cosa per pregare, o per ringraziare il Cielo?
      Io nulla chiedo per me; qualunque ventura mi sia mandata, o lieta, o trista, chino la faccia rassegnato: ma io prego per la pace dei miei defunti.
      E credete voi che possa loro giovare la preghiera dei vivi?
      Lo credo; e quando anche non giovasse a loro, varrebbe per rammentarli a me. Un padre ucciso a tradimento vuolsi richiamare alla memoria almeno una volta al dì.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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