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      – Vorrestemi usare cortesia, bel Cavaliere?"
      Parlate.
      Dimani vedrete nel campo di Carlo affidarne certa quantità ad un Corriere affinchè me li porti; egli è un dono che vuol farmi la Virtuosa Contessa Beatrice, e ch'io non mi trovo in caso di rifiutare: ora vi pregherei ad aver cura di riscontrare che formino bene ottomila; se crescono, lasciate stare; se non arrivano alla somma, avvertite la Contessa del difetto. Mi promettete di farlo?
      Ve lo prometto.
      Gran mercè, Cavaliere.
      – Ecco un'anima da appaiarsi con Gano di Maganza, – pensò Rogiero tra sè, – ed io? – il sonno non iscese per quella notte su le sue stanche palpebre.
     
     *

      * *
      Che Dio vi conceda il buon giorno, bel cugino,
      disse la Contessa Beatrice, che, nell'uscire da una camera ov'era stata a riposare, s'incontrò nel Conte Guido di Monforte. Ella veniva frettolosa, e le vesti aveva scomposte più che a nobile dama non convenisse; le sue donzelle le si traevano dietro correndo, e andavano aggiustandole alla sfuggita chi il velo, chi la cintura, o che altro.
      Dama, che possiate esser lieta di tutto quello che desiderate; qual cosa vi affanna, onde tanto smaniosa vi levate di letto?
      Cugino, arrivò il Corriere?
      Dama, non si è ancora veduto.
      Ci avesse tradito il Duera? Trovasse piccolo il premio? Cugino, spedite gente per conoscere ciò che n'è stato; fate offrire doppio premio a quel tristo, purchè passiamo. Il Pelavicino non può tardare di caricarci alle spalle; se questo avvenisse, noi saremmo perduti.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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