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      I primi raggi del sole non avevano per anche illuminato il nostro emisfero, che una calca di gente affollata nel giorno appresso intorno le porte del monastero di San Paolo aspettava ansiosamente che si schiudessero. Dopo lungo aspettare, si aprirono alla curiosità del popolo che in un momento inondò quel vasto ricinto del chiostro. Egli era una bellissima fabbrica pei tempi d'allora, divisa in quattro lati uguali, con portici composti di molti archi a sesto acuto, e di colonne sottilissime scanalate; le parti interne, scompartite in più quadri, rappresentavano con le meno triste pitture che in quei tempi si sapessero fare, le principali geste del glorioso Apostolo: tra le altre molto lodavano quella dove si vedeva il Santo preso dai manigoldi, che volevano ad ogni costo metterlo bocconi per vergarlo. Nè le geste di San Paolo erano i soli dipinti: vi compariva ritratto un Adamo che lavorava la terra – con una bella vanga di ferro: un Giudizio finale dove certi diavoletti arguti levavano le anime in forma di bambini dalle bocche di Cavalieri, Regnanti, Monache, Frati, e fino da quella di un Papa; in somma un Giudizio affatto simile all'altro che Andrea Orgagna condusse su le muraglie del Camposanto di Pisa; e, per finirla, tutti gli altri novissimi. Lungo le pareti stavano disposte l'arche dei signori defunti, nel sodo storiate di figure, che i Frati del luogo dicevano umane; sul coperchio giacevano le statue di coloro che vi erano chiusi; qui una donna con le braccia incrociate sul petto, il capo piegato su l'omero, gli occhi chiusi in atto di trapassata; più oltre un Magistrato vestito col lucco, seduto sur un fianco, col pugno appuntellato alle tempie, la faccia bassa, come uomo che mediti; più oltre ancora un Cavaliere armato da capo a piedi con la spada nuda alla mano, spirante sopra un fascio di trofei: il volgo dei morti, senza pietra, – senza scritto, che lo additasse all'amore dei suoi, stava confusamente sepolto sotto il pavimento del portico.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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