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      – Non già di quella del Barone, ma.... – Di cui? – Della vostra. – E qual hai tu cagione, vassallo, per diffidare di me? – E qual cagione ho io per fidarmi? – Non mi vedi tutto giorno cavalcare allato del tuo Barone? pensi che vorrei dirti cosa che non mi avesse ordinata? – È ella anche morta la schiatta dei traditori? – E qui vidi gli occhi del Conte stralunarsi, e le guance accendersi, ma non osò mostrarsi adirato, perchè io aveva fama di feroce, ed egli temeva molto. – Or via, per non entrare in più parole, che vuoi tu ch'io ti porti per sicurezza della volontà del tuo padrone? – Non saprei: dite. – Per esempio, il suo anello? – Basterebbe, Messere. – Dunque dimani, qui, a quest'ora, e ti porterò l'anello. – Non vi fu
      che ripetere; vidi proprio il suo anello, lo guardai, lo riguardai per iscorgere se fosse inganno, egli era quel desso. – Tu tremi? mi disse il Conte della Cerra, allorquando, dopo avermi fatto percorrere una gran via ad occhi bendati, m'ebbe introdotto entro un cammino sotterraneo. – Sì, tremo, ma di freddo. – Si trema anche di paura. – Si trema.... al ferire però si conosce se per paura, o per freddo. – Questo è quello che potremo vedere adesso, perchè ormai siamo arrivati. – Mi tolse la benda; le tenebre mi circondavano, le tenebre, conveniente compagnia della colpa. – Or fa di scendere più che potrai cheto per questa apertura, che sarà due palmi distante da terra; calavi prima per bene una gamba, poi l'altra; fa tre passi a mano diritta, e ti troverai di fianco al letto, ove dorme.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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