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      Io per me non so come la Signoria non vi prenda rimedio, solamente per la salute pubblica.... Basta, da un pezzo in qua le cose vanno a rifascio: io sono uomo grosso, nè so molto di ciò che sapete voi altri signori; pure, se stesse a me comandare, vorrei...."
      Rogiero, per le cose proferite dall'oste ormai rassegnato di trangugiare un mal pasto, senza più badargli s'indirizzò verso una camera dalla quale usciva rumore confuso di gente, che parli insieme a gola spiegata. Giunto che fu sopra il limitare osservò quattro uomini che portavano in testa cappelli di ferro, in parte ammaccati, in parte rugginosi, e intorno alla vita corsaletti parimente di ferro; le partigiane e le daghe avevano posto in un canto della stanza: stavano seduti da un lato della tavola alternando il mandare dentro bicchieri di vino, e il cacciare fuori discorsi. Questi uomini, che appartenevano a qualche compagnia di vassalli armati, che ogni Barone si faceva pregio tenersi appresso, sorsero all'apparire di Rogiero, e molto rispettosamente lo salutarono, imperciocchè fossero da remota consuetudine assuefatti a fare così a tutte le armature ornate con fregi di oro, o di argento. Rogiero ringraziava con la mano, e invitava che tornassero a sedere: ma la sua attenzione non era rivolta su loro, sì bene sopra il quinto personaggio, che appena lo vide entrare, con trepidante prestezza togliendosi dinanzi un gran piatto di troppo squisita vivanda, vi sostituiva un pugno di ulive secche, e celava più che poteva il volto nel cappuccio, però che avesse addosso una schiavina da pellegrino.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





Signoria Barone Rogiero