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      In questa tornava l'oste, smarrito nel sembiante, con corde in mano, gridando: "Gente! gente! a questa volta."
      Un ribaldo porse il capo alla finestra, e lo ritrasse pronunziando una fiera bestemmia.
      Si udiva il rumore di mano in mano avvicinarsi, allorchè l'oste prese a dire a voce alta: "Lasciate questo Cavaliere, egli è in casa mia, e deve starci sicuro come in Chiesa: se vi ha fatto torto, aspettatelo fuori: – che è questo venire in tanti contro uno? – che soperchieria! – che assassinamento! – giuro al corpo.... al sangue...."
      I ribaldi gli risero in volto; il pellegrino che conobbe l'arte dell'oste, gli disse: "Senti, Pierone, credi che ti mancheranno delitti per andare alla forca celando quest'uno? Tu hai avuto uno agostaro onde prestarci la tua opera per imprigionare questo Cavaliere, se fosse capitato in tua casa; eccotene un altro: il modo con che getto i danari, ti faccia persuaso che non ispendo dei miei. Colui che mi ha comandato di arrestarlo, è tale che può farti impiccare per avere pôrto da bere ad uno assetato. Hai inteso? fa senno, se non vuoi che qui dentro venga la bara prima che sia molto."
      La gente, come cosa matta, inondava la stanza; – erano vassalli del vicinato, tratti al rumore: – domandarono che cosa fosse accaduto, come stesse la bisogna, e intanto alcuni si portavano a liberare Rogiero: se si fosse taciuto, lo avrebbero per certo tolto dalle mani di quei ribaldi; ma vedendo il pellegrino che tentava nascondersi nella calca e fuggire, non potè tenersi dal gridare, accennandolo: "Prendete quel serpente, quel demonio là; sono mesi e mesi che mi perseguita!


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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