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      – Allora quasi affaticato su l'erta di un monte trasse dal petto un anelito grosso, e frequente; – giù per le guance piovve gelido sudore.
      A refrigerio dell'afflitto, or sì, or no, secondo soffiava il vento, un preludio dolcissimo sul liuto veniva a dilettargli le orecchia: – l'anima però non gli dava ascolto, come quella che gemeva oppressa sotto terribile sensazione; ma quando vi si aggiunse una voce melodiosa di arcana mestizia, voce che con la prestezza del baleno ricercò, – vellicò, – suscitò, quanto di soavi memorie e di dolcezza di affetto stava riposto nel cuore di Manfredi, egli declinava lentamente "il capo tra le mani, e piangeva: bene erano coteste lacrime di quelle che solcano le guance su le quali trascorrono, di quelle che si assomigliano a gocce d'olio versate sopra ferro rovente, – ma pianse. Riputando nessuna altra cosa capace di acquietarlo quanto ascoltare vicina quella voce che sì lo blandiva lontana, lasciò di giacere, e si pose dietro le tracce dell'armonia.
      Licenziate tutte le damigelle, la Regina Elena si era ridotta nelle stanze segrete con i suoi figli, Yole e Manfredino; quivi avevano insieme pregato il Signore di perdono, e di pace: finita la preghiera, cominciò la procella: Elena dissimulò, come meglio potè, l'augurio sinistro, e motteggiando ridente dava animo a Yole, che le si stringeva alla vita, e a Manfredino, che, seduto sopra uno sgabelletto ai suoi piedi, le aveva preso una mano, e se l'era parata innanzi gli occhi per non vedere i baleni.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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