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      – Proseguiamo il racconto.
      Rispondevano in tumulto, sì come vuole il costume della plebe raccolta, i Baroni del Regno: "Messer lo Re, noi siamo pronti a fare quello che comandate."
      Scompigliati gli ordini, Anselmo trovò modo di accostarsi a Rinaldo, che tornato su l'astrazione pareva sonnambulo, e dirgli all'orecchio con molta destrezza: "Conte, tornate in voi; bisogna rinnuovare il giuramento di fedeltà.... vedete un misfatto di più."
      Non sarà quello che ci manderà all'Inferno,
      – rispose Rinaldo: quindi accostatosi francamente all'altare, sì come correva la usanza s'inginocchiò pel primo, e toccando con la destra il libro dei santi Evangeli, con la manca le mani del Re, proferì a voce alta che si fece a mano a mano più fioca: "Al cospetto di Dio e dei Santi, rinnuovo nelle mani del mio Re Manfredi Primo il giuramento di lealtà, e ligio omaggio, che già gli ho giurato a Monreale:" – dette le quali parole, od ira, o coscienza, che il rimordesse, di vermiglio che era si fece pallido, e le parti del volto meno esposte alla circolazione del sangue diventarono di colore oscuro; nondimeno tanta faceva pressa il Gran Giustiziere di prestare il proprio giuramento, che quei moti del Caserta passarono inosservati. Ora si accosta il Conte Anselmo, baldanzoso, ridente di quel suo schifoso sorriso, quasi togliendo a scherno la persona del Re, e l'aspetto molto più sacro del Dio-Uomo, il cielo e la terra; si prostra innanzi l'altare, e stende la destra sopra gli Evangeli....
      Cristo!
      – urla spaventato il maladetto, chè una mano ghiacciata gli avvinghiava il polso a guisa di tanaglia, e glielo teneva sospeso.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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