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      Sì
      – con terrore crescente aggiunse Anselmo.
      Manfredi allo improvviso gli pose di nuovo gli occhi addosso, per lo che egli fu costretto a volgere a terra i suoi, e dopo aver considerato quel turbamento, con voce tra minacciosa e beffarda disse: "Sta bene."
      Anselmo, costretto a terminare la sua formula di mentita, come serpe fiaccata sul dorso, continuava: "E però mi offro in ogni giudizio militare e civile, difendere il contrario, solo confidato nella giustizia di Dio."90
      Manfredi intanto, dopo aver ben letto la carta, la passava al Contestabile, dicendo: – "Che parvene, Messere?" – Rinaldo, recatasela in mano, faceva atto di guardarla attentamente: i circostanti, non potendosi frenare, gli si aggrupparono intorno; questi lo prendeva per un braccio, quegli per l'altro, chi gli poneva il capo sotto il mento, chi lo sporgeva dalle sue spalle; il più lungo gli stette di faccia, e in punta di piedi col capo ripiegato sul seno, a modo di cicogna quando prende il cibo; il più piccolo levata la faccia, e veduti quelli uomini che gli si paravano dinanzi a guisa di muraglioni, tolse una sedia, e vi montò sopra; così ne nasceva uno scompiglio, un susurro, che la natura napolitana ha in ogni tempo messo nelle più comuni operazioni della vita.
      I congiurati, che ad ogni momento si facevano perduti, con voci o con cenni scongiuravano il Caserta a camparli da quella fortuna; ed egli, che sembrava mandar fiamme allorchè tutti gli altri pareano carboni spenti, gli assicurò di uno sguardo, che il suo spirito vegliava.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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