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      E così favellando, ordinò a Rogiero che si accostasse all'altare: quivi arrivato: –
      Ponete ginocchio a terra," aggiunse, e toltagli la spada da canto, la sguainò, gliela percosse per tre volte su l'elmo, e proseguiva: "Voi siete Cavaliere: i modi vostri assai ci fanno palese, voi da gran tempo conoscerne i doveri; che voi siate per onorare il grado non dubitiamo" (e sì dicendo gli ricinse di sua mano la spada), "nè consentiamo che scendiate in campo senza illustre insegna. Contestabile Rinaldo, noi vi preghiamo esserci di tanto cortese, che lo vogliate accomodare della vostra arme; noi vi assicuriamo che le vostre bande d'oro, e i lioni d'argento, non si dorranno di questo, perchè se a Cavaliere privato fosse concesso portare impresa di Re, noi gli avremmo fatto presente della nostra Aquila stessa."
      Il Conte di Caserta, staccato dal suo seggio lo scudo, lo porse con bel garbo a Manfredi, che lo adattò al braccio del nuovo Cavaliere; il quale, sopraffatto da così grande dimostrazione di amore, null'altra cosa poteva proferire oltre questa: "O mio Signore, gran mercè!"
      Ora Conte della Cerra,
      disse Manfredi, "vedete bene starvi a fronte questo uomo, nè potersi da voi rifiutare con nessuna eccezione, imperciocchè quando anche fosse contaminato di quelle brutte macchie di traditoree di assassino, che voi gli avete supposto, l'ordine di Cavalleria da noi conferitogli lo ha tutte rimosse, sì come fa dei peccati il santissimo battesimo tra i sacramenti."
      Tra male gatte è capitato il sorcio, per dirla con Dante.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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