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      Coronato che fu a Roma nel giorno della Epifania il Conte di Provenza, rompendo gl'indugii si mise in cammino, sì per prevalersi di quel primo ardore dei suoi soldati, sì perchè, soprastando, non aveva danari per pagarli; e Papa Clemente, per molte cagioni, tra le quali non era ultima quella di non averne neppure egli, non poteva prestargliene. Le storie dei tempi non ci hanno conservato se Carlo operasse ciò che tutti i capitani a lui antecedenti e posteriori hanno fatto movendosi alla conquista del Regno, vale a dire dividere la sua gente in due schiere, mandandone una lungo il littorale, l'altra pe' luoghi più prossimi agli Appennini, con intenzione di riunirsi a Capua per marciare unitamente alla volta di Napoli; anzi e' pare che tenesse diverso consiglio, e repugnando dal partire lo esercito, pel cammino di Frosinone si accostasse intero al passo di Cepperano: forse temè incontrare troppo dura resistenza a Fondi e ad Itri, che occorrono costeggiando la marina, e considerò, che quando pure gli fosse venuto fatto di superare questi due passi, gli rimaneva il terzo, più arduo, del Volturno sotto Capua, il quale, per essere quivi il fiume grosso, e il ponte afforzato di antiche e di nuove torri, appariva inespugnabile. Trapassando la Campagna Romana, i popoli, non che gli contrastassero, gli davano all'opposto favore come a figlio prediletto, e a campione di Santa Chiesa. L'Arcivescovo di Cosenza, Bartolommeo Pignattello, veniva con esso lui in qualità di Legato apostolico, benedicendo chiunque si fosse aggiunto alla impresa contro Manfredi, e pronto a scomunicare coloro che avessero osato prenderne le parti: tanta era l'autorità della sua voce, che gli uomini del contado accorrevano per ogni lato volonterosi di farsi ammazzare in pro, come dicevano, della religione contro un eretico.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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