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      Io ho peccato, – puniscimi; ma non è ragione che questi capi diletti portino il peso delle mie iniquità."
      Così parlava Manfredi sì come disperato del perdono del cielo, ed altamente commosso aggiungeva: "Benincasa! Benincasa! prendete quattrocento lance spezzate, e fate scorta alla mia reale famiglia: – bada, Benincasa, questo è sangue mio, tu pure sei padre, e conosci a prova che voglia dire – sangue mio: a te dunque lo raccomando."
      Messer lo Re,
      rispose il Benincasa portando la mano destra sul cuore, "io ne avrò cura più che se fossero miei figli...."
      Non più: – guardali come guarderesti i tuoi, tanto mi basta.
      Alta la notte, e cupamente profonda, attristava la terra; nè raggio incerto di stella, o di luna, trapelava dai nuvoli che ingombravano lo emisfero: – in così spaventosa oscurità sarebbe stata, non che altro, benedetta la luce del fulmine. Dalla furia del vento che si spezzava dentro le forre dei monti, dal mugghio delle nuvole travolte, usciva un dolore, un terrore, simile al rammarichío d'una moltitudine di tormentati, che si lamenti in diversi suoni con orribili favelle. Taluno per quei montani sentieri avvertito dallo scroscio del torrente di trovarsi sul ciglione della balza, dava indietro gridando al vicino: – qui è morte; – il quale, tentando dall'altra parte, e conosciuto quivi ancora diruparsi la via, rispondeva: – nè qui è vita; – si prendevano stretti per la mano, ed abbassata la testa, puntando la persona, spesso trapassavano illesi il cammino periglioso: molti però percorsero gran tratto carponi; molti si aggrapparono alle rocce, nè le lasciarono, finchè il temporale non rimise alcun poco dell'impeto: vi furono di tali che ebbero fiaccate le gambe, o le braccia, dagli alberi divelti dalle radici, precipitanti dall'alto; ed anche chi percosso sul capo cadde senza anima, ingombro di terrore ai sopravegnenti: nè mancarono di quelli che poco validi di robustezza, e male assicurati delle orme, traportati dalla bufera non sentirono nè pure la consolazione di manifestare ai compagni la miserevole morte con l'ultimo strido; – lo assorbiva lo elemento imperversato, quasi geloso di partire con altrui la potenza della paura, – come risoluto a fare, che nessuno spavento fosse maggiore del suo.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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