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      – e i corpi lasciarono alla pianura, a noi le armi, ai figli le lacrime, e il cordoglio di non poterli vendicare; – avventurosi in questo, che, morendo, noi non potemmo togliere loro la gloria di perire sotto le nostre spade.
      In questa sentenza favellava Manfredi, arrivato in San Germano al cospetto dei suoi condottieri; e se così avesse arringato per conseguire gloria di oratore, il suo desiderio sarebbe stato compito, perchè con tanto tumulto di mani percosse e di grida gli applaudirono gli ascoltatori, che pareva San Germano ne sobbissasse. Di quelli poi che applaudivano, non tutti prestavano fede alle cose esposte da Manfredi, ed egli medesimo le credeva meno degli altri: assai in ciò somiglievole alla femmina, che più s'ingegna riparare all'avvenenza delle guance e al decoro della fronte, quando più il tempo insiste a sfiorarle quegli ornamenti di troppo caduca bellezza: nondimeno le sue condizioni non volgevano ancora in manifesta rovina, chè forte davvero era San Germano, ed egli attendeva del continuo a maggiormente afforzarlo; nè risparmiava punto a sè stesso, che di giorno e di notte vigilava le sentinelle, faceva le ronde, premiava i diligenti, i neghittosi con amorevoli detti ammoniva: l'uso delle guerre di quei tempi rendeva il luogo inespugnabile, meno che per mezzo di blocco; ma a questo aveva provveduto Manfredi raccogliendovi vettovaglia sufficiente per due anni, nè il nemico poteva circuirlo per modo, che alcuna via non gli rimanesse sempre aperta alla campagna.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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