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      Ecco,
      e così favellando percosse sul pavimento la scimitarra in falso per modo che la mandò in pezzi "ecco, tu mi rompi la spada tra mano, togli al mio braccio la forza, spegni nel cuore lo spirito della vita, e poni dentro di quello la sementa del vituperio; io sono divenuto quasi un non nato, quasi un sepolto; gli uomini mi vedranno, nè mi ravviseranno, perchè gli Amiri dei Ben-izeyen solevano comparire splendidi dei raggi della fama: forse verrà giorno che invocherai il mio aiuto, ed io ti risponderò: – Dammi il braccio che mi hai tolto; – mi chiamerai a nome dell'onore, ed io ti dirò: – O signor mio, come posso ascoltarli? tu mi hai instupidito il cuore, hai chiuso gli orecchi della mia gloria. – Lode ad Allah sovrano dei mondi, sovrano del giorno di giustizia; benedetto tu sii nei tuoi pensieri, nelle tue opere; ma perchè hai voluto che la inclita stirpe dei Ben-izeyen si conchiudesse con tanto avvilimento? Io ti saluto, o Signore, io ti venero con la faccia nella cenere; ma perchè hai spirato all'intelletto del mio Muleasso che mi condanni a cibarmi di fango? Oh! i miei anni fuggono, e vanno via nella tristezza fino all'Inferno; – un giorno avanti che io fossi morto, – il giorno nero sarebbe stato risparmiato agli occhi dei miei. Ah! lo diceva sovente l'anima di mio padre, che il peggio è viver troppo...." – E si partiva sconsolato, nè già lacrimoso, compunto dal dolore, come può sentirlo un cuore robusto, di cui la vista suscita più tosto maraviglia che compassione.
      Manfredi stette immobile alcun tempo dopo che l'Amira fu scomparso; poi si battè con la destra la fronte esclamando: "Anima generosa, e degna di me!


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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