Pagina (594/699)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Stiamo a vedere che saprà fare il fiore della Baronia di Francia. Erano giunti sotto le mura a tiro di balestra, i Pugliesi prendevano a bersagliarli; a quella prima scarica molti cavalieri perderono il cavallo, molti cavalli i cavalieri; i susseguenti non potendo fermare i corsieri che venivano via di pieno galoppo, vi traboccarono sopra: ne derivava un súbito scompiglio, una specie di vacillamento su tutta la linea. Carlo però era trascorso avanti, e li precedeva di due o tre aste; si fecero animo, e più arditi di prima gli spronarono dietro. Ecco il secondo saettamento, ecco la seconda confusione; – a quel modo non si poteva venire a capo di nulla: sel vide il Conte, e pensò al rimedio; smonta da cavallo, toglie la sella, e ponendosela su la testa continua il suo cammino verso le mura; lo imitarono i suoi, e per questo ritrovato un po' meglio difesi pervengono alla Porta Romana. Qui sorgeva un tempestare di sassi, di travi aguzzati, e di ogni sorta armi lanciate dagli assaliti; un percuotere irrequieto, spaventoso, delle mazze d'arme dentro la porta e la postierla per parte degli assalitori. Carlo sopra gli altri menava disperatamente traverso la postierla, e ad ogni colpo si vedevano balzare chiodi, schegge, e nuvoli di polvere smossa; nè tutti potendo travagliarsi intorno le porte, presero con temerario consiglio a salire su i muri: quale, non bastandogli la lena di più sostenersi, dirupava per propria gravezza, e strisciando lungo la muraglia vi lasciava la pelle delle mani e del volto, e dopo tormentosa agonia si squarciava percotendo sul terreno; – la umana forma deturpata, gli occhi balzati della testa, il cervello sparso, i lacerati intestini, la faccia, le membra oscene di lividore e di sangue, erano cosa spaventevole a vedersi; – quale giunto agli estremi merli, respinto d'una lancia nel petto, agitando le mani pel vano formava in cadendo una curva nell'orizzonte; – chi rovinava trafitto dalle proprie armi, chi confitto su l'aste altrui; vi furono tali che uccisero nella caduta il compagno sul quale percossero, ed essi per istrana avventura, meno lo stordimento, andarono salvi; spaziava la morte nella pienezza del suo dominio; infiniti si udivano i lamenti, il pianto, e le querele, pure non mancavano le risa, nè i motti piacevoli: – spettacolo nefando era quello, pel quale Dio non ha certo formato la creatura, spettacolo che forse lo fa pentire di averla formata98, e pure, per chi lo faceva, una festa: dai cadaveri che precipitavano giù dalle mura, non solo non ne prendevano sbigottimento gli assalitori, ma così mezzo morti li ghermivano pel capo e per le gambe, e sopra altri morti gli accatastavano dicendo taluno: – "In buon punto caduto è costui, che anche uno scalino mi bisognava a salire:" – tal altro proverbiando favellava al vicino: – "Nuove scale sono queste per entrare in castello;" – intanto palla, o pietra, lo infrangeva, e il vicino gli montava sul volto, e a sua posta motteggiava con altri.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





Baronia Francia Pugliesi Conte Porta Romana Dio