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      Tu non devi soffrire per me.
      Adesso si trovavano alle falde della montagna Cesima, su la cima della quale anche oggigiorno scorgiamo la terra di Presenzano. Manfredi ordinò che lasciassero la strada battuta, e piegando a destra s'internassero alquanto nella selva dei pini che ingombra il declivio del monte, perchè quivi intendeva posarsi. Giunse gradito il comando, chè la fuga precipitata, e l'aria pungente della notte, avevano avvilito i più gagliardi. Forse cento passi andarono pel bosco, e si fermarono: in meno che non si dice sorse un bel fuoco a ravvivare le membra. I Reali erano discesi; Manfredi si volse attorno, e vide al suo fianco Elena, al fianco d'Elena Yole... mancava Manfredino; nel tornare alla primiera situazione, mira il Cavaliere che glielo porgeva sano e salvo; lo prese il Re tra le braccia, il fanciullo gli rise, e alzando le mani gli accarezzò le guance: il volto paterno non sostenne severo la cara sembianza, e chinato su la fronte del figlio lo baciava affettuoso.
      Noi dunque non abbiamo perduto nulla?
      – favellò Manfredi poichè di nuovo ebbe guardato i suoi.
      Abbiamo perduto Benincasa:
      – rispose Yole con voce soave.
      In verità, figlia mia, voi avete parlato una molto savia parola.
      Certo,
      s'intromise in quel ragionamento il Cavaliere "non si vuol negare, che meglio per tutti saria stato che il Gran Cancelliere sopravvivesse, nondimeno non merita grave compianto; s'egli ha perduto la vita, si acquistò la fama, la quale in sostanza è la vita dei valorosi, e appunto per questo vivono i prodi Cavalieri, e se per conseguirla morirono, bene augurosa e felice deve la morte loro riputarsi: – forse il mondo maligno, uso più tosto a rammentarsi dei fatti che lo addolorano, che di quelli che lo stupiscono, non serberà che tra pochi la fama di questo valente; ma quei pochi saranno coloro, che non misurano la virtù dalla fortuna, che in qualunque parte della terra, in qualunque tempo incontrino la rinomanza di un forte, la salutano come sorella, e le innalzano un tempio nel proprio cuore: – degli altri, pe' quali il solo cibo distingue la vita dalla morte, non vuolsi far conto; – sempre nelle mie orazioni ho supplicato il Signore di due cose, – che mi preservi dalla lode degli imbecilli, – e dal disprezzo dei generosi.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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