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      Ora incomincian le dolenti note.
      Quinci e quindi a gran corsa, gridando Mongioia, e Svevia, si precipitano le schiere l'una contro l'altra, bramose di vincere; sparisce lo spazio che le divide, sorge la strage. I Francesi per comando del Maliscalco Mirapoix assaltano con la fronte assai vaga, perchè vedendo gli squadroni tedeschi avanzarsi in forma di quadrato, sperano ricingerli di fianco con le punte delle file, alle quali erano preposti i fratelli Vandamme. La cavalleria tedesca aveva in quei tempi riputazione d'invitta, e a vero dire, – tanto variano le cose in questo mondo, – incapace allora per difetto di disciplina a resistere, era insuperabile nel dare la carica. Adempiendo dunque i comandi del Re, insiste contro il centro dell'avantiguardia nemica, e sforza, e punta con sì fatta costanza, che, un po' pel suo estremo valore, un po' per essere il centro francese troppo sottile, comincia a balenare, diradarsi, e finalmente aprirsi; le punte, o vogliamo dire ale dell'antiguardo, già ripiegandosi per ferire i Tedeschi di fianco descrivevano un mezzo arco, allorchè occorrono nella battaglia di Manfredi difilata in linea retta a breve distanza dalle prime schiere, e così in vece di assaltare di fianco fu mestieri si difendessero di fronte da forze preponderanti. La fortuna più oltre conduce la trista lusinga: le schiere mezzane della battaglia, composte della masnada di Ghino, e dei Saraceni, prevalendosi della via aperta dai Tedeschi, vi si precipitano dentro. "Svevia! Svevia!


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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