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      – Giunti i Cavalieri di piena corsa, al punto stesso colpiscono il Visconte nel mezzo il petto, per modo che ambedue le punte riuscirono in angolo a tergo, e toltolo di sella per qualche tempo lo portarono confitto nell'aste. Si levò un grido di vittoria dall'esercito di Manfredi, stimando morto il Conte di Provenza, e più acre che mai continuò la battaglia: non meno vigorosi si difendevano i Francesi, comecchè si conoscesse chiaro che alla fine avrebbero perduto la prova. Travagliandosi così i due eserciti sul campo insanguinato, segnava il sole l'ora di nona, quando Giordano d'Angalone senza cimiero, mezzo scoperto di maglia, con lo usbergo falsato in più parti, recando in mano la spada rotta, si avvenne nell'Amira Jussuff, e:
      Dammi la tua scimitarra," disse "pochi colpi a ferire mi avanzano, e la vittoria è compita."
      Viemmi dietro, Conte,
      gli rispose l'Amira "chè ti provvederò di una spada." – E così favellando sprona verso Clermont, che dalle armi, e più dalla prova, mostrava essere assai valente Cavaliere. Clermont vedendo colui stringersegli contro senza consiglio, si mette in guardia, reputando il manrovescio sicuro; allorchè gli è a tiro, mena di pieno vigore: l'Amira con ammirabile destrezza si curva sul collo del cavallo, passa la lama nemica, e appena gli sfiora le spalle; egli stringe la briglia allo snello Borak, torna indietro, e cala un fendente sul cimiero di Clermont, che, levate le gambe, aperte le braccia, cade morto per terra: l'Amira si piega dall'arcione, raccoglie la spada, e: "Prendi," parla al Conte Giordano "così provvede di arme i suoi amici Jussuff.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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