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      Prode uomo!
      rispose Giordano "io l'adoprerò in guisa, che corrisponda degnamente al modo col quale mi viene donata." E sparve internandosi nel folto della mischia.
      Respinto su tutti i punti, lo esercito di Carlo aveva lasciato soli i cavalieri della Regina, i quali, disposti di morire anzi che indietreggiare, ordinatisi in isquadrone serrato contrastavano a tutto lo esercito di Manfredi. Giordano Lancia considerando come non fosse bene che tutte le forze del suo signore trattenesse quel pugno di gente, il quale nei suoi stessi conati si disfaceva, temendo che i respinti si rannodassero, e tornassero ad ingaggiare l'assalto, chiamati tosto Ghino e d'Angalone, comandava che di là si spiccassero, e senza riposo inseguissero i Francesi; rimarrebbe egli a prostrare cotesto avanzo dell'esercito di Carlo. Obbedivano al cenno; dietro la traccia dei fuggitivi si cacciavano a briglia sciolta; resistenti o cedenti ammazzavano; i quartieri non concedevano; era spenta ogni misericordia; funestava lo sperpero lagrimoso gli sguardi di molti tra gli stessi vincitori.
      Sire Dio! non ne sostengo la vista;
      grida Carlo, che dal sommo della collina chiamata la Pietra del Roseto contemplava la strage; "l'asta, scudieri... il mio cavallo... qui, presto, alla riscossa!"
      Bel cugino,
      ritenendolo esclama guido da Monforte "sta saldo per San Martino, lascia ch'ei vinca anche un quarto d'ora, e poi la vittoria è nostra..."
      Io non sopporto...
      Io ti giuro per l'anima di mio padre che ti faccio arrestare... costanza!


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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