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      Alla dimane uno scudiero, al quale il nuovo comando non aveva potuto fare obbliare le antiche costumanze, non vedendo comparire il Conte all'ora consueta, andò pianamente alla sua camera, e porse l'orecchio in ascolto; – non intendeva nulla: – appressò l'occhio al foro del serrame: e mirava il suo signore appeso per la gola; leva un altissimo grido il servo fedele, e raddoppiate le forze per la intensità dello affanno, spinge l'usciale per modo, che scassinato lo getta in mezzo della stanza. Il Conte Rinaldo aveva sovrapposto uno sgabello al letto, dipoi appiccato il capestro al trave, adattatoselo intorno al collo, e dato di un calcio allo sgabello era rimasto sospeso. Stava sul capezzale uno scrignetto aperto, – il teschio di Madonna Spina era il tesoro che conteneva. – Ben egli mostrava livido il sembiante, gli occhi sporgenti dal ciglio, la bocca torta; tuttavia non sembrava anche defunto. Il servo, cavato il coltello, con gran lamento correva verso Rinaldo per tagliare il laccio: il mastino del Caserta cacciato sotto del letto, avvisando che il servo volesse fare qualche mal tratto al padrone, gli si avventa rabbioso, e l'afferra alla strozza; schermivasi il servo come meglio poteva, e a gran voce chiamava aiuto; tanto chiamò, che alla fine fu inteso da alquanti dei suoi compagni: accorsero, legarono il cane; e tolto il laccio al Caserta, lo deposero sul letto. – Deplorabile caso! la lingua nera gli si insinuava tra i denti che la mordevano; gli gocciava giù dalle narici e dalla bocca una bava sanguinolenta; le dita livide, e contratte, il collo lacerato, il corpo rigido: – lo scinsero: taluno gli accostò ai labbri la lama del pugnale per tentare se l'appannasse col fiato, tal altro empiendo una coppa gliela sovrammise al ventre, affermando, secondo l'errore del tempo, che se il polmone respirasse, l'avrebbe agitata.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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