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      alle dolorose: – al quale prego, il sacrato fanciullo, raccolto nella palma alquanta di sangue che grondava dal seno dell'anima scettrata, aveva scritto diverse parole su la mensa: allora le lampade si erano spente, un terremoto aveva scosso la cappella, ed egli erasi sentito stramazzare per terra. Accorsero all'altare e di fresco sangue vi trovarono scritto Vendetta; – lo rimossero, ma gli anni susseguenti pel dì dei Morti ve lo rivedevano più vermiglio di prima, nè cessò mai di comparire fino alla strage dei Vespri Siciliani. Colui che può tutto, poteva anche produrre il mentovato miracolo; tuttavia stimo si debba attribuire alla superstizione, la quale però dimostra quanto fosse il concetto mal talento dei popoli, i quali si persuadevano che il Cielo fosse collegato con loro per procurare la vendetta.
      Quale è la morale di questo libro? La scempiezza, che parla come l'ebbro cammina, già si appresta a maledire: – maledica. – Se gl'intelletti usi a speculare addentro la ragione delle cose conosceranno per questa storia sì come nasca dal misfatto la vendetta, e con interminabile vicenda dalla vendetta il misfatto; come, allorchè la virtù non ha più vaghezza che piaccia, nessuno argomento per contenere l'uomo da mal fare – il meglio che avanzi è spaventarlo con gli effetti stessi del male, frenarlo insomma col terrore, dacchè con l'amore non possiamo: se conosceranno, dico, sì fatte verità, non dubito la morale del libro non sia per comparire oltre quella che io aveva meditato instillarvi.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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