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      - Conte, lasciamo il diavolo a casa sua. Io posso mostrarvi qui le prove manifeste, ed obbrobriose pur troppo.
      - Vediamo.
      - Udite. Essa mi abbandona, per così dire, annegato nella miseria, mentre con l'entrate di casa tira su fanti e staffieri, e uno stormo dei loro figliuoli, che si sono annidati nel palazzo peggio che rondini; - me dal suo cospetto bandisce; - di me non vuol sentire favellare; - di me, Conte, intendete, di me che non mi sarei dato un pensiero al mondo dei fatti suoi, se si fosse comportata come madre benemerita verso figlio benemerente. E, per palesarvi ogni cosa di un tratto, ieri sera giunse a cacciarmi via di casa - dal mio palazzo - dalla magione dei miei illustri antenati.
      - Avanti, ecci egli altro?
      - E parvi poco?
      - Mi pare anche troppo: e veramente, a confessarvelo in secretis, corre buon tempo che io mi sono accorto come la Principessa Costanza nutra per voi, Dio la perdoni, naturale avversione. Adesso fanno appunto otto giorni ch'ella mi tenne lungo proposito di voi....
      - Sì? - E che cosa mai vi disse cotesta sciagurata di me?
      - Metter legna sul fuoco non è da cristiano; però taccio.
      - A quest'ora, Conte, lo incendio acceso dalle vostre parole è tanto, che poco più vi potete aggiungere; - e questo comprenderete di leggieri coll'ottimo vostro giudizio.
      - Pur troppo! E poi il silenzio mi grava, imperciocchè le mie parole vi serviranno di governo, e v'impediranno di farvi capitare male. La signora Costanza dichiarò espressamente, alla presenza di parecchi insigni prelati e baroni romani, che voi sareste il vituperio della famiglia; voi ladro, - voi omicida - voi, soprattutto, bugiardo.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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