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      Il Conte Cènci, malgrado la protesta, dileggiava; ma sarebbe stato difficile indovinare s'ei favellasse da senno o da burla, imperciocchè apparisse composto a gravità: solo stringeva gli occhi, e la pelle reticolata gli si aggrinzava dintorno come una nassa da pescare: le palpebre lungamente tremolavano: egli rideva con le pupille il riso della vipera.
      - La fanciulla, che io amo, dimora in casa Falconieri. Quale per lo appunto sia il suo lignaggio io non saprei; ma comecchè la tengano in parte di congiunta dilettissima, pure appartiene a condizione servile. - Ahimè! Quando prima la vidi al Gesù, ornata di onestà e di leggiadria, io ne persi il sonno: ogni altra donna mi parve sozza e vile.
      - Deh! parlate basso, Duca; guai a voi se le nostre superbe dame romane vi ascoltassero. Farebbero di voi una seconda edizione di Orfeo messo in pezzi dalle Baccanti, con note e appendici.
      - Reputandolo facile amore, continuava il giovane infervorato, (e Dio sa se me ne prende rimorso) non trascurai veruno dei partiti che soglionsi usare per venire a capo degli amorosi desiderii. Me misero! Che queste male pratiche le devono di certo avere persuaso fastidio, e forse aborrimento di me. - Ella, chi sa, adesso mi odia; - e si fermava per timore di singhiozzare; poi con voce sommessa proseguiva: come mai devono aver suonato le vituperose proposte all'orecchio della castissima donzella?
      E il Conte, riguardandolo attonito, pensava: più nuovo pesce di costui non vidi al mondo.
      - I Falconieri, proseguiva il Duca, mi hanno fatto ammonire che io smetta dalla usanza di passare sotto il palazzo, però che la fanciulla non sia tale che io la debba condurre in moglie, nè quale ella possa consentire a diventarmi amica.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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