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      - Queste cose dicendo la donna appariva sfavillante.
      - Voi siete dunque felici? - domandò il Conte per la terza volta con voce cupa.
      - E si può dire in grazia sua, Eccellenza. Entrando in casa di Michele io ho appreso a venerare il suo nome. La prima parola che insegnerò al mio bello angiolo, sarà benedire il nome del caritatevole barone Francesco Cènci.
      - Voi mi riempite il cuore di dolcezza, disse il Conte dissimulando la rabbia che lo soffocava; e per infingersi meglio baciava in fronte, e vezzeggiava il fanciullo: - buona gente! anime degne! Però quel poco, che io feci, non merita tante grazie; e a fine di conto, a noi altri favoriti con copia di beni corre obbligo grande sovvenire ai poverelli di Cristo. A che buono il danaro, se non per riparare qualche sventura? Havvene forse del meglio speso di questo? Non lo mettiamo a usura su le banche del paradiso, dove ci vien reso a mille contanti il doppio? Sono io dunque, carissimi, che devo ringraziarvi per avermi offerta occasione di fare del bene. - Qui tratta fuori una cassetta del banco, prese un pugno di ducati d'oro e gli offerse alla donna; la quale, fattasi in volto tutta vermiglia, andava schermendosi; ma il Conte insistendo, diceva:
      - Prendete, figliuola mia, prendete. Voi mi avete fatto torto quando non mi avvisaste della nascita di questo bel putto; che toccava a me essergli compare. Compratevi una collana, e portatela al collo in espiazione del peccato commesso: guardate di farvi riuscire ancora un guarnelletto sfoggiato al fanciullino, perchè quantunque per bello ci passi il segno, pure sapete come dice il poeta?


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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